Il cambiamento climatico e le nuove sfide dell’olivicoltura

Data:

1 Aprile 2022

Tempo di lettura:

6 min

Scenari di cambiamento climatico

Le ultime stime FAO ritengono che nel 2050 la popolazione mondiale raggiungerà 9 miliardi di abitanti sottoponendo le risorse naturali a uno sforzo di produttività ancora maggiore, e l’impatto del cambiamento climatico su questo scenario è di vitale importanza.

Si prevede che il bacino del Mediterraneo subirà notevoli cambiamenti di temperatura e precipitazioni. Gli scenari più estremi prevedono un aumento di circa 5 °C alla fine del XXI secolo se gli obiettivi di mitigazione non verranno raggiunti.

Diversi studi mostrano che già negli ultimi 40 anni si è verificato un riscaldamento significativo e le temperature annuali sono ora di circa 1,5 °C più alte rispetto al periodo preindustriale (1880-1899) e ben al di sopra delle attuali tendenze del riscaldamento globale (+1,1 °C).

Per l’area del Mediterraneo, le previsioni climatiche future sono caratterizzate da segnalazioni di stress termici e idrici sulle piante, dovuti a scarse precipitazioni, calore eccessivo e forte irraggiamento solare. A ciò va ad aggiungersi la maggior frequenza di eventi meteorologici estremi, come ondate di calore, grandine, inondazioni e incendi boschivi e la possibilità di tropicalizzazione delle stagioni intermedie.

Gli olivi e il cambiamento climatico

Fra tutte le colture, l’olivo può essere considerato uno dei migliori bio-indicatori dell’evoluzione del clima nel bacino del Mediterraneo. Infatti, la forte variabilità climatica che si sta osservando tra le annate e le stagioni, influisce significativamente sulla fenologia e sulla produttività di questa coltura.

Oggi, gli oliveti affrontano nuove sfide e minacce, a causa del cambiamento climatico in atto. L’aumento del riscaldamento e della siccità e l’aumento della frequenza del verificarsi di eventi meteorologici estremi, come le ondate di calore, forti precipitazioni e ritorni di freddo, sono alcuni dei problemi che gli olivicoltori stanno affrontando e dovranno affrontare nei prossimi decenni.

Gli effetti sulle coltivazioni

Il primo effetto del cambiamento climatico è quello legato al deficit idrico: in Italia larghi areali di diverse regioni meridionali quali Puglia, Sicilia e Calabria sono già interessate da questa problematica.

Nonostante l’olivo sia una specie tollerante la siccità, le previsioni per il 2050 indicano una maggiore richiesta di irrigazione netta, specialmente nelle aree orientali e meridionali del Mediterraneo, fortemente caratterizzate da aridità.

Negli oliveti tradizionali, l’acqua è un importante fattore ambientale limitante per la produzione. Il controllo della traspirazione e la riduzione del tasso di fotosintesi sotto deficit idrico negli olivi limita la produzione durante lunghi eventi di deficit idrico.  Nell’Italia centro-meridionale è stata ipotizzata una riduzione della produzione olivicola (−34,1 ± 19,1 % come valori medi, fino al 2050) e la riduzione sembrerebbe maggiore quando il periodo di previsione si prolunga fino al 2070.

Non è trascurabile l’impatto sulla biologia della specie. I cambiamenti modificano il pattern di crescita degli olivi, favoriscono la riemergenza di parassiti secondari e la diffusione di patogeni alieni.

In generale, il clima Mediterraneo non favorisce lo sviluppo di epidemie per la maggior parte delle malattie dell’olivo causate da agenti patogeni fungini e batterici, ma con lo spostamento dell’olivicoltura verso areali caratterizzati da maggiore altitudine e latitudine si modificherà anche la distribuzione spaziale dei patogeni e l’insorgenza di nuove malattie.

Di fondamentale importanza è quindi reagire adattando le attuali tecniche colturali in previsione delle modifiche ambientali e sviluppando strategie volte al contrasto e/o mitigazione degli effetti del cambiamento climatico.

Scenari, soluzioni e opportunità

Il contrasto agli effetti del cambiamento climatico passa da iniziative differenti a differenti livelli.

Innanzitutto è necessario adottare strategie di mitigazione e adattamento volte all’aumento dello stoccaggio della CO2, a un efficiente utilizzo delle risorse idriche, all’adattamento della tecnica colturale in relazione al nuovo contesto climatico in cui l’olivicoltura italiana si pone.

La scelta varietale rappresenta un elemento imprescindibile nella progettazione di nuovi impianti e il processo di selezione di varietà resilienti è obiettivo prioritario della ricerca nel contesto del Piano Olivicolo Nazionale.

La selezione varietale in olivo e l’ottenimento di nuove varietà attraverso incrocio che risultino resilienti ai cambiamenti climatici è un punto di forza per il contesto italiano grazie alla enorme variabilità genetica esistente sul nostro territorio.

Mentre l’ottenimento di nuove varietà attraverso incrocio è un obiettivo che può essere realizzato in un’ottica temporale di lungo termine, la selezione varietale può invece essere collocata in quella di breve-medio termine.

Il CREA-OFA di Rende, nell’ambito di diversi progetti finanziati dal Piano Olivicolo Nazionale, sta selezionando varietà di olivo che meglio rispondono alle criticità che attualmente investono l’olivicoltura italiana a causa dell’impatto del cambiamento climatico.

Inoltre, lo sviluppo di modelli previsionali sull’andamento climatico futuro è di grande interesse, in quanto le informazioni potranno essere utilizzate per lo sviluppo di adeguate strategie di adattamento a breve e lungo termine per ridurre al minimo gli impatti del cambiamento climatico sull’ambiente, sulle attività dell’uomo, sul controllo dei parassiti e degli agenti patogeni, sulla produttività degli oliveti, sulla qualità dei frutti e dell’olio prodotto.

La ricerca dovrà fornire indicazioni su come adattarsi ai cambiamenti climatici e mitigare gli impatti negativi, tenendo presente che in futuro emergeranno richieste di utilizzo del suolo che potrebbero mettere in pericolo gli oliveti tradizionali per mancanza di redditività economica. Sarà importante gestire gli oliveti tenendo conto di tempi ottimali per alcune operazioni agricole, la selezione di cultivar e l’uso efficiente di acqua e risorse.

Infine è importante valutare le opportunità offerte dai cambiamenti climatici: l’olivicoltura tradizionale trova il suo areale ottimale di coltivazione tra il 30° e il 45° parallelo.

Questa fascia latitudinale suggerisce che le condizioni climatiche sono un fattore chiave per la coltivazione dell’olivo, e per il suo ciclo di sviluppo. A livello globale, nei prossimi decenni potrebbero determinarsi variazioni senza precedenti nell’areale di coltivazione dell’olivo in tutto il bacino del Mediterraneo spostando la sua coltivazione progressivamente verso areali caratterizzati da maggiore altitudine e latitudine.

Negli anni 2000, le aree climaticamente utilizzabili per l’olivicoltura rappresentavano circa il 39% dell’areale Mediterraneo e potrebbero arrivare a circa il 50% nel 2050.

Nel prossimo futuro, in risposta alle condizioni climatiche, l’olivo tenderà ad espandersi sempre più verso nord, raggiungendo le latitudini maggiori intorno alla fine del secolo (2100). In particolare, questa nuova olivicoltura interessa fasce pre-appenniniche e cis-alpine, nuovi areali pianeggianti e collinari come sta accadendo, ad esempio, nelle province di Pordenone e Treviso.

Si tratta di un’olivicoltura nuova, svincolata dalle caratteristiche peculiari dell’olivicoltura tradizionale, quali il legame territoriale della varietà e la obsolescenza degli impianti. Questa nuova olivicoltura può essere concepita come una nuova opportunità, in quanto la latitudine e l’altitudine elevate esaltano le caratteristiche organolettiche dell’olio contribuendo all’ottenimento di un prodotto di straordinaria qualità.

Ultimo aggiornamento

11/04/2022, 14:54
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